Leonardo Zanier (1935-2017). Una vita d’impegno politico-sociale e di creazione letteraria
Leonardo Zanier, nato in Carnia nel 1935, giunse dal Marocco in Svizzera all’inizio degli anni Sessanta per lavorare nell’edilizia. Intraprendente, aperto alla collaborazione sociale, dotato di un forte senso creativo e organizzativo, con il passare degli anni compì un lungo e brillante percorso di apprendimento, di maturazione e di lotta di solidarietà con i lavoratori, impegnandosi come sindacalista fino a diventare presidente delle Colonie Libere in Svizzera; creando dei centri di formazione per i lavoratori immigrati. Fu direttore dell’ECAP dal 1988 al 2002, per poi essere incaricato di progetti europei di lotta alla povertà e alla formazione dei lavoratori e disoccupati.
Nel 1964 pubblicò la sua prima raccolta di poesie Libers di scugnì lâ (Liberi di dovere emigrare) che come la maggior parte delle sue future opere è scritta in friulano – con una versione d’autore in italiano a fronte; il libro divenne una sorta d’icona della letteratura dell’emigrazione (non solo in Svizzera e in Italia, ma, grazie a numerose traduzioni, nel resto dell’Europa, riacquistando recentemente una nuova attualità, testimoniata da una traduzione in arabo). L’opera denuncia l’ipocrisia celata dietro a tutta la vicenda dell’emigrazione. Le condizioni di chi deve emigrare e di chi si trova in un paese diverso sono viste come un rivelatore dello sfruttamento più generale esercitato dal capitale nei confronti della massa dei lavoratori. La poesia tende ad assumere, con l’uso della lingua friulana, la voce e il punto di vista degli umili, portatori di veri valori, come modo di denuncia dell’asservimento dei meno abbienti da parte di una casta sfruttatrice e ingannatrice (Zanier, 1964, 1976, 1981). L’umorismo, la derisione, l’invettiva sono i modi più frequenti di queste prime raccolte. Anche la prospettiva è particolare: è un canto corale in cui l’io viene a fondersi e che si esprime in una realtà in cui la dimensione spazio-temporale tende ad annullarsi – anche se i luoghi e i tempi sono sempre menzionati. Infatti, in nome di un internazionalismo proletario, il lavoratore italiano e quello svizzero vengono rappresentati in un modo molto simile in quanto classe sfruttata, mentre situazioni analoghe nel corso dei secoli (dal medioevo ad oggi), evocate in vari componimenti, permettono di evidenziare il permanere dell’asservimento delle classi umili a quella dirigente più abbiente, sotto il manto della religione, della morale borghese e dell’ipocrisia.
Ma a partire dagli anni Novanta, un filone già presente nelle raccolte precedenti prende il sopravvento: l’evocazione dei valori del mondo popolare e rurale, attraverso la descrizione dei modi di vivere e di pensare dei contadini e dei lavoratori della Carnia (Zanier, 1991, 1993a, 1997). Sono eventi e personaggi umili, che vengono talvolta associati a luoghi, fatti e persone della Svizzera, in una unica evocazione luminosa di un genere di vita genuino, semplice ed incorrotto. È una riflessione su un’identità sempre minacciata: ora in modo violento e repressivo, come il progetto nazista di installare nel 1942 una colonia di cosacchi in Carnia per asservire una popolazione riottosa (Zanier, 1995); ora in modo più subdolo, con l’avanzare dell’italianizzazione e della globalizzazione, per non parlare della disoccupazione (Zanier, 1993b). La tematica nelle pubblicazioni dell’ultimo decennio del Novecento si orienta dunque da una parte verso l’evocazione dei valori genuini della terra natia, e dall’altra si allarga maggiormente verso riflessioni più contemporanee come quella della problematica dei confini, fortemente percepita nei vicini Balcani con il disgregarsi della Jugoslavia.
A partire dal 1999, con Suscipe caelum (Zanier, 1999), la poesia di Zanier tende ad interiorizzarsi maggiormente e a diventare più simbolica, più filosofica. Nella linea della poesia del secondo Novecento, il componimento parte da uno spunto apparentemente aneddotico per iniziare una riflessione o suggerirla con una descrizione fortemente evocativa. Questa tendenza all’interiorizzazione si accentua ancora nell’ultima raccolta Pardutt (Dappertutto) del 2015 (Zanier, 2015), in cui la poesia si concentra in una meditazione sulla vita e sulla morte, con un’evocazione fortemente autobiografica ed intimista della scomparsa della compagna, di cui il poeta ritrova le tracce in ogni luogo e ad ogni istante (“pardutt”, appunto). Nella plaquette si alternano componimenti in italiano e in friulano, simbolo certo della doppia identità della coppia, ma anche di quella dell’autore stesso e di tutti coloro che sono vissuti fra due paesi e due culture. È un dualismo che segna tutta la raccolta e che si manifesta sia formalmente nell’abbinamento fra poesia e prosa, ognuna con le proprie sonorità e i propri ritmi, sia nella tematica vita-morte: esplorata ora nel doloroso trapasso dalla vita alla morte, ora in quello consolatorio dalla morte alla vita, suggerito dalla voce data alla nipotina nell’ultimo testo in prosa.