Ricordo di Leonardo Zanier (1935-2017)

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Il 30 aprile 2017 è mancato Leonardo Zanier, nato in Friuli (a Maranzanis di Comeglians, un paese montano della Carnia). Ha vissuto in Italia, Marocco e Svizzera, dove è stato Presidente della Federazione delle colonie libere italiane. Nel 1970 ha fondato e diretto l’Ente di formazione e ricerca ECAP, di cui è stato a lungo presidente.

RecIt/Polo di ricerca sull’italianità ne ricorda la figura, l’opera poetica e l’impegno sociale, attraverso i contributi di Paolo Barcella (docente di Storia contemporanea all’Università di Bergamo, collaboratore della Fondazione Pellegrini Carnevascini di Bellinzona) e Jean-Jacques Marchand (professore onorario di Letteratura italiana all’Università di Losanna, socio dell’Accademia della Crusca).

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Contributo di Paolo Barcella

Leonardo Zanier (1935-2017) e l’ECAP in Svizzera

Il 30 aprile scorso è mancato Leonardo Zanier, figura di grande rilievo nella storia dell’emigrazione italiana del secondo dopoguerra. Nel 1964 esordì come poeta pubblicando, in dialetto friulano, Libers… de scugnî lâ, opera più volte ripubblicata e tradotta, come molte sue opere successive, in diverse lingue. La sua riflessione si nutriva della consapevolezza e delle conoscenze proprie di chi ha vissuto il fenomeno di cui narra: infatti, dopo avere diretto per qualche tempo una scuola professionale per conto di un consorzio di comuni della Carnia, Zanier si trasferì in Marocco.

Lavorò per una ditta che aveva i suoi uffici centrali a Zurigo e, proprio per questa ragione, ebbe in seguito la possibilità di emigrare nella Confederazione Elvetica dove, nella seconda metà degli anni Cinquanta, divenne organizzatore e animatore delle Colonie Libere Italiane. All’interno di quella importante realtà associativa – sviluppata in seno al mondo dell’antifascismo e legata alle culture della sinistra italiana – seguì con crescente interesse e impegno le attività legate alla formazione professionale dei lavoratori migranti. Ispirato dai dibattiti e dalle teorie che circolavano nei suoi ambienti culturali di riferimento – ovvero il mondo operaio e comunista della Penisola – lavorò intensamente alla conversione dei piccoli corsi per la formazione professionale maturati nelle sedi delle Colonie Libere in un’esperienza di maggiore impatto e rilevanza: e cioè, confrontandosi con analoghe realtà del mondo cattolico e intessendo fitte relazioni con le istituzioni tanto italiane quanto elvetiche, riuscì a creare la condizioni favorevoli all’importazione in Svizzera dell’ECAP-CGIL.

Fu così che, a partire dal 1970, migliaia di lavoratrici e di lavoratori migranti frequentarono la realtà ECAP, studiando materie tecniche, imparando le lingue, accrescendo il proprio bagaglio culturale anche in ambito umanistico. Diresse quell’organizzazione per diversi anni prima di tornare in Italia dove lavorò per la CGIL nazionale fino a quando, concluso il suo mandato, rientrò in Svizzera. Fino alla fine, pochi giorni fa, ha continuato a scrivere e a dedicarsi a numerose attività finalizzate anzitutto alla comprensione e alla valorizzazione dell’esperienza migratoria. L’archivio personale di Leonardo Zanier, che consentirà agli studiosi di ricostruire un percorso di sicuro interesse per chi si occupi di storia delle migrazioni e di storia del lavoro, è attualmente conservato dalla Fondazione Pellegrini Canevascini che, grazie al contributo di ECAP Svizzera, si sta occupando della catalogazione dei materiali, prossimamente depositati presso l’Archivio di Stato di Bellinzona.

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Contributo di Jean-Jacques Marchand

Leonardo Zanier (1935-2017). Una vita d’impegno politico-sociale e di creazione letteraria

Leonardo Zanier, nato in Carnia nel 1935, giunse dal Marocco in Svizzera all’inizio degli anni Sessanta per lavorare nell’edilizia. Intraprendente, aperto alla collaborazione sociale, dotato di un forte senso creativo e organizzativo, con il passare degli anni compì un lungo e brillante percorso di apprendimento, di maturazione e di lotta di solidarietà con i lavoratori, impegnandosi come sindacalista fino a diventare presidente delle Colonie Libere in Svizzera; creando dei centri di formazione per i lavoratori immigrati. Fu direttore dell’ECAP dal 1988 al 2002, per poi essere incaricato di progetti europei di lotta alla povertà e alla formazione dei lavoratori e disoccupati.

Nel 1964 pubblicò la sua prima raccolta di poesie Libers di scugnì lâ (Liberi di dovere emigrare) che come la maggior parte delle sue future opere è scritta in friulano – con una versione d’autore in italiano a fronte; il libro divenne una sorta d’icona della letteratura dell’emigrazione (non solo in Svizzera e in Italia, ma, grazie a numerose traduzioni, nel resto dell’Europa, riacquistando recentemente una nuova attualità, testimoniata da una traduzione in arabo). L’opera denuncia l’ipocrisia celata dietro a tutta la vicenda dell’emigrazione. Le condizioni di chi deve emigrare e di chi si trova in un paese diverso sono viste come un rivelatore dello sfruttamento più generale esercitato dal capitale nei confronti della massa dei lavoratori. La poesia tende ad assumere, con l’uso della lingua friulana, la voce e il punto di vista degli umili, portatori di veri valori, come modo di denuncia dell’asservimento dei meno abbienti da parte di una casta sfruttatrice e ingannatrice (Zanier, 1964, 1976, 1981). L’umorismo, la derisione, l’invettiva sono i modi più frequenti di queste prime raccolte. Anche la prospettiva è particolare: è un canto corale in cui l’io viene a fondersi e che si esprime in una realtà in cui la dimensione spazio-temporale tende ad annullarsi – anche se i luoghi e i tempi sono sempre menzionati. Infatti, in nome di un internazionalismo proletario, il lavoratore italiano e quello svizzero vengono rappresentati in un modo molto simile in quanto classe sfruttata, mentre situazioni analoghe nel corso dei secoli (dal medioevo ad oggi), evocate in vari componimenti, permettono di evidenziare il permanere dell’asservimento delle classi umili a quella dirigente più abbiente, sotto il manto della religione, della morale borghese e dell’ipocrisia.

Ma a partire dagli anni Novanta, un filone già presente nelle raccolte precedenti prende il sopravvento: l’evocazione dei valori del mondo popolare e rurale, attraverso la descrizione dei modi di vivere e di pensare dei contadini e dei lavoratori della Carnia (Zanier, 1991, 1993a, 1997). Sono eventi e personaggi umili, che vengono talvolta associati a luoghi, fatti e persone della Svizzera, in una unica evocazione luminosa di un genere di vita genuino, semplice ed incorrotto. È una riflessione su un’identità sempre minacciata: ora in modo violento e repressivo, come il progetto nazista di installare nel 1942 una colonia di cosacchi in Carnia per asservire una popolazione riottosa (Zanier, 1995); ora in modo più subdolo, con l’avanzare dell’italianizzazione e della globalizzazione, per non parlare della disoccupazione (Zanier, 1993b). La tematica nelle pubblicazioni dell’ultimo decennio del Novecento si orienta dunque da una parte verso l’evocazione dei valori genuini della terra natia, e dall’altra si allarga maggiormente verso riflessioni più contemporanee come quella della problematica dei confini, fortemente percepita nei vicini Balcani con il disgregarsi della Jugoslavia.

A partire dal 1999, con Suscipe caelum (Zanier, 1999), la poesia di Zanier tende ad interiorizzarsi maggiormente e a diventare più simbolica, più filosofica. Nella linea della poesia del secondo Novecento, il componimento parte da uno spunto apparentemente aneddotico per iniziare una riflessione o suggerirla con una descrizione fortemente evocativa. Questa tendenza all’interiorizzazione si accentua ancora nell’ultima raccolta Pardutt (Dappertutto) del 2015 (Zanier, 2015), in cui la poesia si concentra in una meditazione sulla vita e sulla morte, con un’evocazione fortemente autobiografica ed intimista della scomparsa della compagna, di cui il poeta ritrova le tracce in ogni luogo e ad ogni istante (“pardutt”, appunto). Nella plaquette si alternano componimenti in italiano e in friulano, simbolo certo della doppia identità della coppia, ma anche di quella dell’autore stesso e di tutti coloro che sono vissuti fra due paesi e due culture. È un dualismo che segna tutta la raccolta e che si manifesta sia formalmente nell’abbinamento fra poesia e prosa, ognuna con le proprie sonorità e i propri ritmi, sia nella tematica vita-morte: esplorata ora nel doloroso trapasso dalla vita alla morte, ora in quello consolatorio dalla morte alla vita, suggerito dalla voce data alla nipotina nell’ultimo testo in prosa.

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Bibliografia

  • Zanier L. (1964), Libers di… scugnî lâ. Poesie 1960-1962, Circolo culturale A. Colavini, Ovaro.
  • Id. (1976), Che Diaz… us al meriti, Circolo culturale Colavini, Aiello del Friuli.
  • Id. (1977), Libers di… scugnî lâ. Poesie 1960-1962, Garzanti, Milano.
  • Id. (1981), Sboradura e sanc, Nuova Garaldi, Firenze.
  • Id. (1991), Usmas. Tracce. Poesie 1988-1990, Casagrande. Bellinzona.
  • Id. (1992), Cjermins. Grenzsteine. Mejniki. Confini. Poesie 1970-1980, Forum. Udine.
  • Id. (1993a), Licôf. Festa. Poesie 1990-1992, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone.
  • Id. (1993b), Linia dreta: storiuta cjargnela par durmi. Linea diretta: favola carnica per dormire, Menocchio, Montereale Valcellina.
  • Id. (1995), Carnia. Kosakenland. Kazackaja Zemlja; Storiutas di fruts in guera. Racconti di ragazzi in guerra, Mittelcultura, Udine.
  • Id. (1997), Licôf Grant. Festa Grande. Poesie 1991-1995, Mittelcultura, Udine.
  • Id. (1998), Marcinelle. Vajont. Cernobyl. Menocchio, Montercale Valcellina.
  • Id. (1999), Suscipe caelum. Lettere dell’Universo. Poesie 1999, A. G. Studio, Pordenone.
  • Id. (2015), Pardut, Sottoscala, Bellinzona.

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Pam Paolo Mazzuchelli, Per Flora, 14 gennaio 2015, acquaforte rielaborata (l’immagine di testa è inserita in L. Zanier, Pardut).
Per gentile concessione dell’autore.

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